“Ehi ciao Pisciacane!”
Evidentemente stizzito il fiore rispose: “Scusa hai detto a me? Pisciacane a chi? Io mi chiamo Tarassaco”.
“Ma vaaaaaa tu sei un Pisciacane, ti chiamano così perché i cani quando ti vedono alzano la gamba”.
Sgarbato e insolente, lo sconosciuto, meritava una risposta: “Ti faccio presente che ho più di un nome e questo perché ho molteplici qualità, mi chiamo infatti: dente di cane, soffione, capo di frate, cicoria (o insalata) matta. Persino stella gialla mi chiamo”.
L’interlocutore baggiano andò via senza ascoltarlo mentre continuava a ridere e a sbeffeggiare dicendo, ad alta voce : “Pisciacane, Pisciacane, Pisciacane…”
Il fiore continuò a sentire la snervante cantilena fino a che costui non ebbe superato la salita di Rekhale.
Sul ciglio della strada, arrivata una folata di vento, il povero Tarassaco si girò dall’altra parte pensieroso.
Col capo chino iniziò a chiedersi:
“Perché non vedono la bellezza della mia corolla gialla che pare un sole in mezzo all’erba?
Perché non vedono che cresco anche in mezzo alle crepe?
Perché non vedono che mi ergo anche lì dove manca la luce?
Ma costoro sanno che dalle radici ai petali sono un fiore benefico?
Faccio bene agli uomini e alla natura e fatico tutto l’anno per sopravvivere.
Condisco insalate e divento tisana.
Mi faccio minestra, frittura e conserva.
I bambini giocano con i miei soffioni, spargendoli in aria e soffiandogli da sotto verso su.
Sapete quanti chilometri può riuscire a percorrere un mio soffione?
Da Rekhale, se lo scirocco soffia forte, i miei possono raggiungere Pantelleria posandosi sul grigio del cemento”
Mentre, ancora offeso e umiliato, si faceva tutte queste domande sentì la voce di una bimba venirgli incontro.
La bimba gridava: “Mamma corri, vieni a vedere che bellissimo fiore giallo!”
La mamma arrivò di corsa e sorridente disse “Sì tesoro questo è il fiore di Tarassaco. E’ una pianta officinale molto importante”.
All’udire queste parole il fiore risollevò fiero la corolla e al primo alito di vento regalò alla bambina una nuvola di soffioni.
Era un giorno ventoso e quelle stelle sottili presero la rincorsa, per un tratto la bambina si divertì ad inseguirli poi, stanca, sedette sul ciglio della strada, raccolse uno dei fiori gialli e, a mani giunte, lo tese in dono alla madre.
Testo e foto di Laura Bianchera
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