L’attesa sottintende una visione.
Sull’attesa vi sono trattati e boutade.
Ma l’attesa è cosa seria, mica da prendere sottogamba.
L’attesa è un momento drammatico, da δρᾶμα che significa azione.
E il tempo che intercorre tra l’attesa e l’azione, per l’appunto, può essere variabile.
Non solo, ci sono attese irreparabili, attese frementi, attese disperanti e attese gioiose.
Chi non conosce questo tempo?
Nel bene o nel male è appartenuto a tutti.
Io sono certa che ciascuno di noi, durante gli inverni lunghi, quelli fatti di lavoro e grane, durante tutto il tempo sospeso che sono stati questi ultimi anni hanno avuto un posto che hanno immaginato come il luogo che dopo tanta ATTESA ci avrebbe accolti.
Io credo che lo abbiamo immaginato e assaporato nei momenti più bui, che ce lo siamo immaginati mentre eravamo giù di corda, che lo abbiamo invocato quando eravamo stanchi.
Ognuno delle proprie attese fa ciò che più “economicamente” (e parlo di economia mentale) gli conviene.
C’è chi le spezzetta, chi ne fa un “unicum”, chi le percorre a tappe.
Poi, finalmente arriva il giorno dell’AZIONE.
Il tempo si è ristretto e sarà una persona o un luogo o un istante preciso a cui ormai siamo molto vicini.
Allora, in qualsiasi modo sarà sollievo.
La mia attesa, per ora ha un solo nome, Pantelleria.
Foto di Giovanni Matta