Mentre ieri percorrevo la perimetrale di Pantelleria in direzione di Cala Tramontana (s)ragionavo sul fatto che io su quest’isola sono arrivata per puro caso e di questo posto mi sono innamorata esattamente come ci si innamora delle persone.
Con un impeto e una passione che credo mi abbiano stravolto la vita.
Ovviamente, quando una è in preda a questo genere di esaltazione, tipica dell’innamoramento, capisce anche che deve darsi una regolata.
Recuperare margini di oggettività e assumere la giusta distanza dalle cose.
Insomma, parliamo di un contegno dignitoso e adulto.
Pertanto, durante questo tragitto sono passata dalla fase dell’euforia a quella della pacata riflessione e ho cominciato a pensare tra me e me:
“Ma vedi se questo puntino a metà tra la costa siciliana e quella africana doveva fare tutto sto casino. Che poi non è esattamente a metà. Dista settanta chilometri dall’Africa e circa centoventi dalla Sicilia.
Però, chissà perché a me piace pensarla a metà.
Sarà anche che, per certi aspetti, sono ancora infantile.
Infatti, se dovessi disegnare un corpo umano continuerei a mettere il cuore al centro della cassa toracica, proprio come fanno i bambini.
Allo stesso modo mi chiedo perché io non abbia il diritto di immaginare Pantelleria esattamente dove voglio immaginarla.
Poi, se vuole, io e lei ne discutiamo e magari raggiungiamo anche un compromesso”.
Fortunatamente, il flusso dei miei pensieri si è fermato arrivata a destinazione.
Mi chiedo, altrimenti, cos’altro la mia mente avrebbe potuto aggiungere a questo paradossale delirio.
Che poi la verità sta sempre a metà: dei luoghi ci si può innamorare e io ho otto anni.
Foto di Claudia Picciotto