Alcaparròn, storia di un “cucuncio” in trasferta

Alcaparròn, storia di un “cucuncio” in trasferta

“Alcaparròn!”, mi ha detto con soddisfazione il proprietario della taperia che mi ha servito al tavolo quello che noi chiamiamo “cucuncio”.
E il “poverino” non sapeva che di lì a poco lo avrei abbracciato commossa cercando di spiegargli in un misto di italiano, inglese e spagnolo che io provengo da una terra, Pantelleria, dove di questi frutti ne crescono a migliaia.
E che sono buoni, gustosi, che li mangiamo quando sono piccoli, quando sono grandi (come quello che mi ha portato) che ne ricaviamo una polvere che usiamo per dare valore aggiunto ai nostri piatti, che mangiamo anche le foglie (ma non lo sanno tutti) che si chiamano “tenerumi”.
Insomma il malcapitato non sapeva che lo avrei investito con un fiume di parole.

Mi guardava e mi sorrideva: “Alcaparròn”, continuava a dirmi.
E io, testarda come un mulo: “No, questo è un “cucuncio” e ridevo soddisfatta manco mi avesse portata “il pranzo della Regina” “.
Poi quando ho smesso di raccontare cose che ero certa che lui non avesse compreso invece e sorprendentemente, ha cominciato lui.
Mi ha raccontato che il suo Alcaparròn lo raccoglievano prima a Ballobar in Aragona, ma poi la gente ha smesso perché il lavoro era troppo faticoso.
Ma ancora dalla regione dell’Aragona arrivano gli Alcaparròn più gustosi.
Nel tempo hanno cominciato a produrlo e raccoglierlo in Andalusia e a Maiorca (dove hanno imparato anche a costruire i muretti a secco: COPIONI) e da lì è arrivato sui tavoli delle taperie con maggiore frequenza.

Allora io, nella foga dell’entusiasmo e in quel solito incomprensibile miscuglio di lingue ho provato a spiegargli che a Pantelleria il cappero è come il maiale il che vuol dire (secondo la nostra tradizione rispetto al grassoccio mammifero) che di questa pianta sull’isola non si butta niente.

Lui mi ha guardato per un istante, capelli lunghi e brizzolati, sorriso smagliante, bello di una bellezza fatta di natali per metà marocchini e metà spagnoli e mi ha detto: “Ma voi i rametti li mangiate? Noi li facciamo in salamoia, per noi sono una prelibatezza”.

L’ho guardato esterrefatta.
Ho pensato Spagna contro Italia e vince la Spagna.
Uno a zero e palla al centro.

Foto di Giovanni Matta

 
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