Sono a Carissa, il “mio” dammuso a Pantelleria, per una settimana.
Sono andata a Scauri due volte ed una a Pantelleria, ho viaggiato sulla perimetrale, mi sono affacciata una volta al Salto della Vecchia, ma tutte le volte sono tornata a casa.
Ci ho messo un po’ ad abituarmi al silenzio, ma a farmi compagnia ci sono sempre state le fronde delle palme nane che sfrigolavano, il cannucciato che strideva e la tela bianca delle sedie che sventolava come una bandiera di pace.
Ho sempre lasciato porte e finestre aperte, a tarda sera ho chiuso la porta d’ingresso, perché’ era giusto fingersi al riparo dalla notte, ma le altre imposte sono sempre state spalancate perché’ volevo che entrasse l’odore degli aromi all’ingresso, l’aria salmastra del mare e il frinire delle cicale.
Mi ero portata una montagna di libri, ma mi sono sfinita di letture di cielo: di giorno ai bordi della piscina e al calare della sera mi sono accucciata dentro la mia comoda sdraio.
Oggi ho cucinato nella cucina esterna in costume e pareo, tra le pietre.
Ho preparato la salsa in un pentolone ampio dove ho messo a bollire il pomodoro, la cipolla e il basilico, ho filtrato tutto nel passa pomodoro sul tavolo davanti al mare e, mentre facevo stringere il sugo, ho affettato tre melanzane che ho messo a gocciolare col sale, dentro un cola pasta, nel lavabo in pietra.
Ho dato un’occhiata veloce alle notizie del giorno sorseggiando il mio secondo caffè e infine, ho fritto le sottili strisce viola e bianche.
Adesso sono seduta sul divano bianco vicino all’ingresso, felice ed amara al contempo, perché’ i miei amici a breve saranno qui e non sarò più sola, purtroppo.
Ma, per fortuna, sono una donna generosa e tutto questo per me da sola sarebbe stato troppo.
Foto di Giovanni Matta