Pantelleria: un viaggio oltre il visibile. Scopri “l’Isola vivente” senza preconcetti

Pantelleria: un viaggio oltre il visibile. Scopri “l’Isola vivente” senza preconcetti

È passata da orecchio a orecchio risuonando forte.
“Preparate il bagaglio necessario al viaggio”.
Eppure sembrerebbe una frase abbastanza banale.
Invece (e questa volta non parlerò di indumenti) esistono diversi tipi di bagagli.
Vi sono quelli emotivi, quelli colmi di aspettative o altri debordanti di “sogni ad occhi aperti”.

Quando si decide di intraprendere un viaggio ciascuno di noi lascia parti di sé in qualche luogo e ne trasferisce delle altre in un altro.
I più sprovveduti, talvolta, non “pesano” e non “scelgono” con attenzione cosa è bene abbandonare a casa e cosa è più opportuno portare con sé.

Pantelleria, da questo punto di vista, richiede prospettive differenti.
Soprattutto se il visitatore è al suo primo approdo.

Chi per la prima volta “incontra” Pantelleria dovrebbe portare con sé una valigia totalmente vuota.
Pantelleria non è cattedrali gotiche né templi monumentali.
Resti archeologi sì, tanti, per gli appassionati.
Solo che Pantelleria è monumentale di per sé.
È quel luogo in cui l’inezia ha il respiro del capolavoro.
Pantelleria è fatta di frame che ti si fermano in testa, come tante foto scattate a flusso continuo.
Pantelleria è percezione, l’assoluto piacere del soggettivo.
È il “suo” tempo, nella dimensione che ciascuno sceglie.
Può sembrare gigante quando invece la puoi ridurre ad un solo pensiero, ad un’unica ispirazione.

Somiglia ad una di quelle nuvole nelle quali io vedo un alce e qualcuno un montone.
La si può raccontare da cento prospettive diverse e, certamente, molte di queste cammineranno parallele lungo percorsi vicini ma tra loro non convergenti.
Pantelleria è fatta di eteree pagliuzze che entrano nell’occhio.
Se solo fosse possibile Pantelleria andrebbe raccontata solo in maniera corale.
O tra sé e sé, durante certe notti insonni.

Per questo chiedo a chi prossimamente poggerà il suo piede sul liscio basolato di “questo essere vivente che è Pantelleria”, di affrancarsi dal racconto altrui, di abbandonare su una memoria esterna tutto il “sentito”, di far finta di avere dimenticato sull’uscio di casa quella valigia piena di emozioni di cui, magari, avevate fatto carico.

Lasciate che sia l’isola a darvi il benvenuto, fate che sia lei a raccontarsi, afferrate quanto più potete di quella inenarrabile essenza che è il respiro di questa “terra vivente”. 

 
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