La caccia alle papaline a Pantelleria: un viaggio tra cortesia, tradizione e colori

La caccia alle papaline a Pantelleria: un viaggio tra cortesia, tradizione e colori

L’altro giorno mi è stata data una mission: devi comprare tre papaline colorate, di quelle che si usano a Pantelleria.
“Per chi? Amici”.
“Uomini, donne o bambini? Boh”
“Colori? No bianco, no nero”
“Ma dove le trovo? Vedi tu”.

Da Rekhale mi muovo verso Scauri, ma alle 10.30 i negozietti sulla strada sono ancora chiusi.
Vabbè, devo andare in paese a fare benzina, proverò lì.

Entro nel primo negozietto di souvenir e ne avevano tre.
Beige e nere.
La signora è occupata con altri clienti e tolgo il disturbo.
Da quel momento è cominciata una caccia al tesoro che ha visto coinvolta non soltanto me ma tutti i negozianti da cui sono andata.

“Mi scusi, vendete papaline di cotone?”.
La prima: “No mi spiace. Però se chiede nel negozio appena sopra può darsi che le abbiano”.
La seconda: “No, ma c’è un negozio dopo la pompa di benzina nella strada che va verso su. Ecco lì dovrebbe trovarle”.
Il negozio è chiuso ma dalla vetrina intravedo le papaline.
Entro nella parruccheria di fianco e chiedo notizie della vicina.
È la terza: “Come? Non è in negozio? Un attimo che la chiamo. Mi spiace la mia mica dice che ritorna verso le 14.30 può aspettarla?”.
“Magari”, grazie mille per la gentilezza.
Ennesimo negozio, medesima richiesta.
La quarta: “No, io non ne vendo. Ma se non ricordo male al tabaccaio qui accanto mi pare di averne viste esposte questa estate”.
GRAZIE
Tabacchi, ne detengono qualcuna ma a fine stagione sono rimasti colori improbabili.
La tabaccaia è la quinta. Con una pazienza da Santa tira fuori le papaline che le sono rimaste e le prova una ad una. Non riuscendo a darsi pace rispetto al fatto che non avessi idea su chi le avrebbe indossate.
Garbo infinito, ne prendo due anche solo per la gentilezza.
Torno verso Scauri.
Il primo negozietto è ancora chiuso.
Ma il secondo è aperto.
La sesta sembra che mi stia aspettando: “Si accomodi, cosa cerca, posso esserle d’aiuto?”
Esausta: “Avete papaline?”.
“Io no – mi risponde – ma c’è una signora a Scauri che le fa. Abita vicino la chiesa, un attimo che la chiamo”.
Io: “Ma no, non si disturbi. È ora di pranzo”.
Chiama ma non risponde.
Allora cerca di spiegarmi dove si trova il laboratorio e che non mi preoccupi, perché per la signora è lavoro e sarà senz’altro contenta di ricevermi e che chieda alla tabaccaia che mi darà senz’altro informazioni più precise.

Così torno indietro sui miei passi.
La sesta, la signora della tabaccheria: “Allora guardi scenda da qui, poi troverà un cancello, ma non è il laboratorio della signora, ma lei chieda comunque. La troverà di certo”.
Così proseguo.
Ovviamente non trovo il cancello, vedo delle minuscole botteghe con su scritto LABORATORIO.
Busso ma non risponde nessuno.
Continua a camminare finché da una persiana accostata sento venire rumore di stoviglie: “Buongiorno, scusate. Avrei bisogno di una informazione”.
Silenzio.
Passa qualche secondo ed escono un uomo e una donna
Settima e ottavo: spiego loro la questione e loro, immediatamente, prendono il telefono e chiamano la “Signora dell’uncinetto”, nel frattempo mi indicano un cancello e mi dicono di bussare lì.
Così faccio e da un balconcino appare una sorridente signora che mi dice che arriva subito.
È l’Ottava e ultima.
Mi viene incontro col più bello dei sorrisi e mi conduce in un minuscolo laboratorio dove fa i suoi lavori all’uncinetto. Parliamo a lungo e mi scuso di averla disturbata a quest’ora. Lei sorride come se ogni cosa avesse una sua importanza o esattamente al contrario, come se quasi tutto non avesse importanza alcuna.
Mi mostra le papaline rimaste dall’estate di lavoro.
Sono poche e non fanno al caso mio.

TRANNE UNA.
È grigia, il mio colore d’elezione.
La compro, la indosso.
Gli americani direbbero: YOU MADE MY DAY!

Io dico che i panteschi sono un popolo gentile, cortese, accogliente e disponibile.
Chissà se le papaline andranno bene.
“Poco male”, penso tra me e me.

 
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