Da New York a Pantelleria: viaggio verso un’isola che graffia l’anima

Da New York a Pantelleria: viaggio verso un’isola che graffia l’anima

È di una giovinezza inebriante, fresca come l’odore delle fresie e bella che si ha la sensazione che qualcuno l’abbia dipinta, ma ha tutta l’aria di non sapere cosa la circondi.
L’attorno sembra un di più.
La osservo da qualche minuto quando, improvvisamente, mi sorride e mi saluta.
Sedute vicine al tavolino di un bar di Palermo, dove fanno gelati e granite alle quali hanno financo insegnato a parlare.

Mi chiede se sono italiana mentre io do per scontato che lei lo sia.
Una, due, tre, cinque, sette parole e lei comincia uno straordinario monologo nel quale mi racconta i suoi venticinque anni e tutta la sua strada.
È nata per caso in Italia, quel tanto che basta per non ricordare.
Ma l’italiano lo parla bene, lo pronuncia senza sbavature.
Più americana che italiana ma il cibo è il nostro. Forme e stile, invece, si sono scombinate.
Letture italiane, piacere americano, uno strano taglio d’occhi orientale e la beffa di non sapere il perché.

Piccola ma dentro di sé ha più anime di bordello.

A un tratto mi racconta che l’estate passata è stata a Pantelleria.
Detto così, come fosse logico che io la conoscessi; come se Pantelleria l’avessi ricamata addosso.
“Vengo da New York – mi dice – che se la guardi in superficie è lucida e scivolosa, tranne per quelli che se ne stanno sui grattacieli e puliscono i vetri che non scivolano per carriera.
È il ghiaccio in inverno che ti fa perdere aderenza col terreno e con la realtà. Mentre il caldo estivo fa sì che lasci le impronte sull’asfalto sciolto.
A me Pantelleria è piaciuta perché è ruvida e non finge.
Non ti nasconde niente.
Sembra esattamente come la vedi, poi io magari ci ho capito poco perché se quasi sempre non devo tradurre le parole spesso però mi capita invece di doverlo fare con le immagini e le emozioni.
Ti faccio un esempio, posso?
New York è immensa, l’America è immensa.
Nelle forme e nei contenuti.
Ecco, mai avrei immaginato di arrivare in un luogo così piccolo (per dimensioni intendo) e trovare la sintesi perfetta della parola GRANDEZZA.

Pantelleria mi è sembrata maestosa: due montagne e nessun grattacielo, così poca gente per strada che ho sempre salutato tutti quelli che ho incrociato e il mare mi ha fatto le fusa.
Come certi gatti che ho visto solo a Pantelleria: educati senza essere stati educati.
È un’isola ruvida Pantelleria, per questo ti lascia il segno.
Se scivoli ti fai male.
Ti resta il graffio sulla pelle, per questo non te la scordi più”.

 
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