Di maschere, boccagli e unicorni

Di maschere, boccagli e unicorni

È tutto molto serio. Nulla su cui si possa scherzare.

Siamo a Pantelleria e ad inizio stagione io comincio la mia ricerca della maschera e tubo da utilizzare per lo snorkeling dell’estate a venire.

E che a nessuno venga in mente che sia cosa da poco, perché lo studio in prima battuta mi vede impegnata in una comparazione prestazione/costi sulla rete ed in fase finale c’è il giro degli esercenti con tanto di prova e test sui materiali.

Intanto quest’anno le maschere non me le farà provare nessuno, e già parto con una penalizzazione.

Dovrei fidarmi del mio intuito e della mia competenza e uscita da negozio, però, sarò assolutamente certa, come ogni volta, di avere fatto l’acquisto giusto.

Non fosse che ogni anno, dico ogni anno, grazie al mio fiuto in materia, acquisto il set sbagliato.

Perché già alla prima sessione di snorkeling nelle acque di Nikà mi accorgo che la maschera dopo due minuti si appanna e ogni sette bracciate è: leva maschera, allarga, stringi, sputa dentro (non e’ signorile ma si fa così), rimetti, maschera, sette bracciate, allarga, stringi, sputa dentro.

Ad un mesetto dall’acquisto anche il boccaglio comincia a darmi problemi, da un imprecisato punto entra acqua. Pertanto ogni tre bracciate: leva boccaglio svuota, affogati, leva boccaglio svuota e affogati.

A metà stagione, sistematicamente ho perso tutte le mie certezze e acquisto maschere e tubi dove mi capita e come se non ci fosse un domani: supermercato (tre per due), edicole (generalmente due set di mascherine fucsia per bambini), venditore ambulante dal quale prendo pure un coccodrillo gonfiabile e due unicorni.

Il primo unicorno si buca al secondo giorno, il secondo mi salva l’estate.

Foto di Valeria Fanciullo

 
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