A Pantelleria esiste una strada che si chiama via dei Soffioni.
Io trovo che i panteschi facciano sfoggio di un’elegante toponomastica e che con il nome di questa via si siano superati.
I soffioni sono un fenomeno vulcanico sparso in diverse zone dell’isola.
Lì dove posa il cartello stradale, prossimo alla Valle di Monastero, vi sono diverse manifestazioni vulcaniche del “soffio dell’isola”.
Dopodiché la mia fantasia galoppa e se da un lato mi ricorda cosa si prova a poggiare la mano sul tepore che esala dal ventre della terra, dall’altro la mente mi rimanda immediatamente all’immagine del tarassaco, di cui Pantelleria è piena.
Questo fiore alla fine del suo cammino, che comincia in primavera, produce dei piccoli batuffoli volanti che corrono ad inseguirsi insieme al vento.
Quella specie di stellette bianche che volano al primo alito sono dei frutti, a dispetto di qualsiasi immaginazione.
Tra le immagini che mi sono rimaste più impresse di questa infruttescenza:
sono distesa a Punta Li Marsi quando un soffione sfiora la pagina del libro che sto leggendo, è una giornata moderatamente ventosa, poso il libro sul ventre alzo gli occhi per guardarmi attorno e vedo una miriade di soffioni che planano lenti sugli scogli e sull’azzurro del mare finché uno non si incaglia proprio sul mio ciglio.
Ho chiuso l’occhio, anzi li ho chiusi tutti e due perché anche questa immagine di Pantelleria potesse rimanere impressa nella mia memoria.
Soffione, una parola per due strepitosi ricordi.