Accoglienza e saluti, per un’andata con possibile ritorno

Accoglienza e saluti, per un’andata con possibile ritorno

Importiamo termini dall’inglese che ci appartengono poco.

Alcuni niente affatto.

L’esempio più eclatante, per me che faccio questo mestiere, sono gli idiomi check in e check out.

Personalmente preferisco utilizzare i nostri ACCOGLIENZA E SALUTI.

Le ragioni sono tante, la prima è di ordine linguistico: se abbiamo delle belle parole nella nostra lingua perché non dovremmo utilizzarle? A meno che non si abbia a che fare con ospiti stranieri, ovviamente.

Quando Giovanni e Barbara e io parliamo preferiamo utilizzare queste due parole perché sono la traduzione di un concetto che è parte integrante di chi fa questo mestiere.

Accogliere un ospite (o un cliente) è una faccenda che ha a che fare con la comprensione, a prima vista, di chi ti sta di fronte; devi sforzarti di capire quale è la loro “intenzione” di vacanza, fornire loro le indicazioni che chiedono e dare loro l’ispirazione verso ciò che ancora non sanno.

Ogni cliente è diverso (evviva la banalità!), non si può parlare a tutti nello stesso modo e Pantelleria è un posto diverso per ciascuno di loro.

Per questo noi non facciamo check in, perché è l’ospite che decide, al posto nostro, come vuol essere accolto, quali informazioni desidera ricevere e se desidera riceverne.

Il saluto è una conseguenza del primo incontro e del tempo che vi è stato nell’intermezzo.

Spesso è caloroso, talvolta formale, sovente amichevole.

Diciamo che è il risultato di una relazione.

E se tutto questo vi sembrerà scontato, credetemi, non lo è affatto.

Foto di Giovanni Matta

 
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