Dall’alto se osservi lo stendersi lento della terra di Pantelleria, tra terrazzamenti e gradoni, filari di capperi o di viti, muretti a secco che disegnano campi colore del grano e torri in pietra a conservare, quasi per istinto, l’albero di agrume, tra una tonalità di verde e un’altra che incrocia un giallo ocra e un arancione diviso o accorpato dal marrone bruciato di mura e terra, lì in mezzo, tra tutto questo ben di Dio, potrai scorgere le tante BOLLE bianche o grigie.
Le cupole dei Dammusi, che hanno il pregio di svettare tonde e gobbe come tartarughe in sonno.
Ma su alcune di queste sembra vi abbiano disegnato sentieri o piccole strade, grigio su bianco, per ricoprire le fessure che sole e tempo procurano, alle volte, alle VOLTE.
“Ciaccazze” si chiamano queste improbabili “trazzere” che rivestono i tetti a volta dei dammusi, fanno giochi strani: si dipanano, confluiscono e si intrecciano o viaggiano parallele.
Frutti di un disegno che ha fatto il tempo insieme alle intemperie e che un uomo, con mano ferma, ha voluto riparare.
Ché lì dove si può ancora è sempre un miracolo.
Foto di Claudia Picciotto