Cinque parole del dialetto pantesco da conoscere prima di visitare Pantelleria

Cinque parole del dialetto pantesco da conoscere prima di visitare Pantelleria

Il dialetto Pantesco è una lingua estremamente ricca e variegata, né più e né meno come il suo territorio, ma soprattutto è il frutto della “mescola” di popoli che sono approdati nei secoli a Pantelleria e che di questo lembo di terra hanno fatto casa.

Evidentemente, mai mi addentrerei in un post di glottologia, linguistica, storia, semantica e filologia.
C’è chi lo ha fatto prima di me (n.d.r. IL LIBRO DELL’ISOLA di Angelo D’Aietti – Ed. Il Pettirosso, 2016) e con una sapienza senza pari.
Le cinque parole che vi indicherò sono un “Bignami” in formula ridottissima per comprendere l’uso comune di alcune parole normalmente utilizzate dagli isolani.

La prima di queste parole è “muffura”

Si tratta di fenomeno piuttosto comune a Pantelleria, si tratta di un accumulo di aria umida che incontra aria più fresca generando una nebbia che talvolta poggia sulle coste, altre volte penetra fin dentro l’isola e, spesso, fa da “corona” a Montagna Grande e Monte Gibele.

La seconda di queste parole è il termine “Cùddia”

Lo incontrerete, spessissimo nella toponomastica e nella sentieristica dell’isola.
Dall’arabo “Kudia” questa parola sta a indicare una “collina”, spesso si tratta di antichi crateri secondari o formazioni rocciose formatesi durante le colate laviche.
Sicché, arrivati sull’isola e aperta la carta dei sentieri, questa sarà la parola che riscontrerete più diffusamente e da oggi ne conoscete il significato.

La terza parola, che trae in inganno chi non conosce gli usi e i costumi dell’isola, è il termine Paese

Bene, è necessario sapere che se vi verrà consigliato (per una ragione qualsiasi) di raggiungere il Paese sappiate che, per definizione, il Paese su questa isola è solo ed esclusivamente il paese di Pantelleria.
Il resto sono frazioni e vengono appellate con i loro nomi propri, come Scauri, Rekhale, Khamma , Tracino e Sibà.
Non esiste altro PAESE all’infuori di Pantelleria.

La quarta parola, di uso pratico, è “Perimetrale

Arrivati sull’isola, qualora doveste chiedere informazioni per raggiungere “quel tale posto” nel novantotto percento dei casi vi verrà consigliato (quale che sia il punto di partenza) di imboccare la Perimetrale.
La Perimetrale, è una strada (voluta e costruita da Mussolini per costruire avamposti e presidiare l’isola durante la guerra) che circumnaviga totalmente l’isola.
Io consiglio spesso di dedicare quelle due orette che servono per percorrerla perché ha punti di bellezza rara e, a primo impatto, da una visione abbastanza globale di Pantelleria.

La quinta e ultima parola del mio breve dizionario è la parola “cisterna”

Termine di uso comune ma in molti non sanno che a Pantelleria la quasi totalità dei Dammusi è dotato di una o più cisterne atte, in primis, a raccogliere l’acqua piovana (se e quando sull’isola piove) o, comunque, l’acqua in generale.
Le cisterne sono ben nascoste e ben integrate nella struttura del Dammuso.
Spesso sono terrazze calpestabili e solo un occhio attento può scorgere la botola di apertura di queste.
Infatti, in assenza di pioggia, il pantesco si approvvigiona di acqua tramite l’acquisto di autobotti che raccolgono presso i dissalatori e distribuiscono sul territorio.
Il costo dell’acqua in termini di gestione e di fatica (letteralmente) a Pantelleria è piuttosto alto.
Per questo chi ha rispetto di questo luogo ha imparato che l’acqua è un bene prezioso e bisogna sempre farne un uso parsimonioso.

I più esagerati (n.d.r. lo fa la scrivente) si narra che tornati dal mare, in costume pantaloncini e maglietta, siano usi infilarsi sotto la doccia interamente vestiti sì da occuparsi, contestualmente, del bucato e dell’igiene personale.
Ma niente e nessuno ci garantisce che questa storia sia vera.

Foto di Giovanni Matta

 
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