Il tema centrale di oggi sarebbe il cous cous alla pantesca.
La tradizione di questo piatto è lontana nel tempo e, evidentemente, la sua matrice risale alla prossimità tra Pantelleria e la Tunisia.
Badate bene, tutto questo attiene ad un tempo in cui i nostri agricoltori panteschi si spostavano in Tunisia in cerca di lavoro.
L’esatto contrario di ciò che avviene oggi.
Ovviamente, quando si importano tradizioni e pezzi di cultura, questi stessi vengono riletti e “tradotti” nel “linguaggio” del luogo in cui, a loro volta, diventeranno tradizione e specialità.
Per cui il cous cous di Pantelleria (di cui non darò la ricetta perché ne troverete a bizzeffe sul web, più o meno autentiche) ovviamente è stato rivisitato dalla gente dell’isola, adeguato ai gusti, alle necessità e a ciò che il luogo restituisce, dalla terra al mare.
Vi stupirà, infatti, scoprire che tranne rare eccezioni questo piatto (solitamente a base di pesce) qui, il più delle volte, è cucinato quasi esclusivamente con verdure.
La ragione di quella che può apparire come una “clamorosa” svista sta semplicemente nel fatto che (come ho già raccontato) benché circondata dal mare questa è un’isola di terra.
Di agricoltura sudata, protetta, coltivata con tutti gli strabilianti mezzi che, nei secoli, i panteschi si sono dovuti inventare per far crescere le piante e proteggerle dal forte vento o dal sole cocente e
irrigandole nei più fantasiosi modi.
Perché il pantesco non si sia mai altrettanto dedicato alla pesca sarebbe tutta una faccenda da studiare e scoprire.
I pescatori sono sempre stati pochi; le imbarcazioni erano piccole e chi pescava e pesca spesso lo fa ad uso e consumo del fabbisogno familiare.
Soltanto oggi, che il turismo richiede che in un posto di mare si possa assaporare il gusto del pesce, questo è entrato di prepotenza nel menù dei ristoratori.
Ma Pantelleria resta un’isola di terra, il cui piatto tradizionale è il coniglio alla pantesca, gli ortaggi più amati restano la tonda e dolce zucchina e il pomodoro “siccagno” e il dolce più apprezzato è il Bacio pantesco fatto con la ricotta di pecora.
A Pantelleria, dove l’energia e il lavoro, erano interamente tesi alla sussistenza lo sforzo è stato diretto verso ciò che era più certo e la cui ricerca era meno pericolosa.
I panteschi temono e rispettano il mare ma è sul terreno che, da secoli, preferiscono lasciare le impronte delle loro robuste calzature.
D’altronde, se di impronte si parla, la superficie dell’acqua, si sa, non le trattiene.