Da Il Dammuso, un augurio “ispirato”

Da Il Dammuso, un augurio “ispirato”

Ho lavorato di pazienza.
Ho camminato in lungo e in largo per Pantelleria.
Ho cercato tra i rami spogli della piccola vite.
Ho guardato nel fitto delle pietre di un Dammuso.
A piedi nudi ho percorso gran parte della riva del Lago.
Mi sono accovacciata tra le pietre degli edifici dei Sesi.
Ho chiesto alle Fate del Bosco.
Ho immerso le mani nel cappero dormiente e mi sono stesa dritta sotto l’ulivo quasi spoglio.
Ho chiesto alle pietre macchiate di giallo ocra e a quelle che splendono di tutti i colori indefiniti dell’ossidiana.
Ho persino domandato alle fumarole.
Seduta a monte del vecchio faro di Scauri ho pensato che avrei ricevuto un aiuto.
Mi sono rivolta all’alba di Levante.
A Gadir ho atteso a lungo che qualcuno o qualcosa mi rispondesse.
Al porto ho aspettato che la nave attraccasse perché qualcuno mi desse la risposta.

In ultimo ho compreso che di questo prossimo 2024 nessuno sapeva dirmi nulla.
Ho capito pure, a fatica (da buon testona che sono), che neanche la Montagna Grande avrebbe potuto suggerirmi cosa augurare a tutti noi per questo tempo a venire.
Ho chiuso il cerchio, allora, e ho dedotto che se nessuno ha risposto è banalmente perché certi luoghi sono solo fonte di ispirazione ma non di certezze.

E allora non mi resta che augurare a ciascuno di voi proprio l’ispirazione, per l’appunto.
Quel momento instabile e veloce in cui ognuno trova qualcosa dentro di sé e ne fa un percorso, un sentiero.

Alla fine vi auguro solo questo: qualsiasi cosa voi abbiate dentro (sia frutto di una luce improvvisa o della volontà di osare anche per l’ultima volta) che quella strada vi conduca alla sommità di una Montagna Grande.

 
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