(Scritto da una “dummy” per chi si sente dummy)
La notizia è dello scorso otto marzo.
Niente mimose, ma opere di bene per Madre Natura.
Pantelleria continua il suo percorso verso l’ecosostenibilità.
Dal 2012 l’amministrazione di Pantelleria, insieme a Eni, Politecnico di Torino e Wave for Energy – spinoff dell’ateneo – collaborano ad una delle più avanzate tecnologie Made in Italy per lo sfruttamento dell’energia mareomotrice. Il dispositivo si chiama Inertial Sea Wave Energy Converter.
L’ISWEC è un generatore di corrente elettrica, sembrerebbe primo al mondo per struttura ed efficienza, che in futuro (ma di quale futuro stiamo parlando non è ancora chiaro) dovrebbe approvvigionare tutti gli abitanti dell’isola con un’energia a basso costo e a basso impatto ambientale.
Una “dummy” (sarei io e traducete con TONTA), cercherà di rendere comprensibile un progetto complesso.
Cominciamo col dire che l’isola di Pantelleria ha una centrale elettrica a gasolio, che in termini molto poco scientifici significa produzione di scorie nell’aria e a mare.
Inoltre il gasolio trasportato sull’isola fa sì che i costi per l’approvvigionamento elettrico dei suoi abitanti sia molto alto.
Il progetto messo in moto dai “magnifici quattro” è a basso impatto ambientale ma, di fatto, quanto alla questione inerente all’inquinamento “visivo” e quello ambientale tutto questo rappresenta un gran passo in avanti per la comunità pantesca.
La “camera” è posta a 35 metri di profondità e emerge dal mare di solo un metro (ragion per cui la nostra vista non soffrirà dinnanzi ad un eco mostro) e risiede a 800 metri dalla costa (impatto “visivo” quasi nullo), in una zona nella quale possiamo dire che il moto ondoso è continuo e fertile.
All’interno della camera vi è un sistema giroscopico costituito da due volani (immaginate delle grandi ruote che girano di continuo) da 10 tonnellate posti in rotazione e installati nell’ambiente sigillato dello scafo assieme ai generatori elettrici. Il dispositivo produce energia elettrica tramite l’accoppiamento del movimento oscillatorio dello scafo e il moto rotatorio dei volani che generano corrente mantenendo la camera perpendicolare ma consentendole anche di assecondare il moto del mare.
L’insieme di queste due cose, con l’aiuto di alcuni pannelli solari posti sopra la camera dovrebbe produrre energia per 260 kilowattora/anno di picco (a grana grossa, e per le mie scarse competenze, direi che coprirebbe il fabbisogno di circa ottantacinque abitazioni).
La camera è collegata alla terra da un cavo elettrico che raggiunge la costa, l’energia viene raccolta e conservata da alcune batterie che si trovano all’interno della camera e ne assicurano l’erogazione al giusto voltaggio.
I punti di forza dell’ISWEC sono la modularità (l’unità giroscopica può essere cambiata per variare la potenza nominale del convertitore), l’affidabilità, la competitività (il costo può competere con quello della generazione elettrica diesel) e l’adattabilità alle diverse condizioni d’onda (la produzione energetica è massimizzata grazie ad un controllo del dispositivo basato sui dati meteo e marini)
Ovviamente, lo studio è ancora in fase di sperimentazione e, in futuro, dovrebbe essere implementato da sistemi uguali che possano coprire le necessità dell’isola intera insieme ad altri generatori di energia a basso impatto ambientale come il fotovoltaico o l’eolico a mare (l’isola di Pantelleria è un parco nazionale e non è consentita l’istallazione a terra di alcun sistema di produzione di energia).
Possiamo dire che Pantelleria ha accettato una scommessa.
Non sono chiari i tempi e i modi nei quali l’avrà vinta, ma di certo il tentativo è quello di muoversi verso l’autonomia energetica a costi poco “salati” (siccome stiamo parlando di mare l’aggettivo è appropriato) per gli abitanti e per l’ecosistema.
Dal canto mio posso dirvi che per comprendere e cercare di tradurre quanto studiato in un articolo (più o meno comprensibile) credo di avere speso una quantità di energia comparabile a quella bastevole per “servire” Pantelleria per una intera giornata adesso.
Sì, adesso quella “spenta” sono io.
Spero di esser riuscita a tradurre pensieri complessi in un linguaggio semplice ma potrebbe pure essere che abbia scritto imprecisioni e di questo mi scuso a priori.
Non sono ingegnera e, a stento, ricordo dove sono posti gli interruttori elettrici di casa mia.
Sappiate però, che adesso sono in blackout totale.
Sono disponibile all’acquisto di turbine, giroscopi e batterie, anche di seconda mano, per approvvigionarmi in maniera pulita e consapevole.
Fatevi avanti, gente, è un’occasione imperdibile.
Foto di Tim Marshall