Un “FUCK”, rosso, grande e imponente accoglie il turista che arriva a Pantelleria dal mare.
È l’opera d’arte del Maestro Accardi che ha voluto dare voce (o sfogo) in maniera liberatoria allo sdegno e alla paura che in questi anni abbiamo tutti vissuto e continuiamo a vivere.
L’opera, “figlia” della nota piú “LOVE” di Robert Indiana (1965), spicca innanzi i resti del Castello di Pantelleria.
L’installazione, già esposta in numerose città, è approdata questa estate sull’isola.
Può incontrare il nostro gusto o meno.
Non mi intendo d’arte e mai vorrei esprimere giudizi di valore rispetto a materie che non mi appartengono, soprattutto, per “competenze”.
Di fatto, l’opera ha acceso numerosi dibattiti sull’isola o, per meglio dire, il Maestro Panseca (che con il “FUCK” di cui sopra non ha alcuna parentela) altro artista siciliano poiché anche Accardi proviene dalla Sicilia, ha deciso di far parlare di sé “scrivendo”, sulla base dell’installazione di Accardi la parola MAFIA (decidendo anche di firmare e datare questo suo “arricchimento”) attribuendo così un SUO significato, secondo lui, funzionale all’opera artistica di un altro.
Insomma, se devo esprimermi per come suggerisce la mia pancia, mi viene da pensare che tutta questa storia sia una PARACULATA INVEROSIMILE: Accardi “prende in prestito” disegno e simbologia di Indiana, Panseca se ne appropria attribuendole un significato tutto suo e univoco e io che scrivo mi sento quella “che alla fiera dell’est un topolino mio padre comprò “.
Al netto, della mia provocazione, come sempre, vorrei denunciare l‘uso improprio che talvolta si fa di certi luoghi, aree protette (ricordiamo tutti l’artista milanese che l’anno scorso imbrattò di polvere gialla le rive del lago di Venere?), opere d’arte o sculture che attengono al sacro (Panseca negli stessi giorni, a Pantelleria, ha pensato bene di svuotare un barattolo di vernice rossa su una statua di Padre Pio).
Credo che il rispetto sia un valore non trascurabile ed inestimabile.
Possiamo pure non gradire l’aspetto o il concetto di ciò che viene rappresentato, potremmo pure nutrire la presunzione di attribuire significati o “abbellire” oggetti o paesaggi nati per ispirare, ma bisogna sempre appellarsi al buon senso, alla libertà di espressione e al valore che certi luoghi o opere rappresentano, che ci piaccia o no.
Se il Maestro Panseca dovesse avere qualcosa da dire sarebbe bene che ci facesse gradito omaggio di una sua opera, piuttosto che “sporcare” il lavoro altrui.
A meno che Panseca, sussurrando all’orecchio di ogni passante: “La piazza è mia, la piazza è mia”, come il simpatico personaggio del film di Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”, il Maestro non intenda voler fare la medesima cosa, rivendicando la proprietà fisica e intellettuale dell’intera isola di Pantelleria.
N.B.: lo “Status quo” dell’opera, come si evince dalla foto, è stato ripristinato.
Foto di Giovanni Matta