Alcuni dei nostri dammusi sono dotati di splendide piscine.
Oggettivamente belle, al punto tale che tendono a diventare comodo punto di riferimento per varie specie di uccelli che stazionano sull’isola di Pantelleria o altri che, trovandosi di passaggio, decidono di abbeverarsi a bordo piscina prima di prendere il volo.
Belli gli uccelli, bellissimi e di questo ne sono consapevoli anche i nostri ospiti.
Guai a far loro del male.
Piuttosto si interra la piscina.
Il problema è soltanto uno, i nostri amici alati durante queste soste di ristoro oltre a bere e a rinfrescarsi talvolta liberano il loro più o meno grande intestino (pensiamo ai gabbiani) lasciando annessi e connessi un po’ dappertutto.
D’altronde la natura, finora, li ha lasciati liberi di defecare in qualsiasi luogo.
(E l’altro giorno a Gadir un uccello in volo ha liberato il suo intestino proprio sulla punta del mio naso, incredibile ma vero)
Esistono dei metodi per tenerli lontani dalle piscine: alcuni mettono sui bordi serpenti di gomma, altri appendono acchiappasogni con campanelle che col vento pantesco suonano meglio della filarmonica di Vienna, altri statue o simili che dovrebbero dissuadere i pennuti dall’avvicinarsi allo specchio d’acqua.
I più tecnologici, per difendere lo spazio piscina, si sono spinti all’acquisto di un oggetto (a quanto pare anche piuttosto costoso) che emette un suono che riproduce il verso di non so quali uccelli ad un volume probabilmente poco tollerabile per i pennuti stessi ma terrificante per l’orecchio umano.
Acceso l’aggeggio, inevitabilmente, tornano in mente immagini di Hitchcockiana memoria.
Gli uccelli non ricordano il film, noi esseri umani, in molti, ne abbiamo memoria.
E a noi, a quel “grido”, non resta che fuggire
Foto di Giovanni Matta