Pantelleria educa all’ambiente con lentezza e ostinazione.
Può accadere in un breve lasso di tempo oppure (come io sostengo) nel lungo periodo, soprattutto se a questa isola intervalli la città e il suo stridore.
Se alla vista del lentisco che ondeggia sotto le folate di vento alterni il pericoloso fluttuare del cartello stradale, ficcato nel duro cemento armato di un marciapiede che ospita mozziconi di sigaretta alternati a fili d’erba che hanno perso la strada di casa.
Fortuna che il verde è pervicace e adattabile e riesce ad insinuarsi anche lì dove sembra che la speranza abbia desistito.
Stefano Mancuso, docente universitario e titolare di una cattedra unica al mondo che si chiama “ETOLOGIA DELLE PIANTE”, spiega che l’uomo moderno è soggetto ad una specie di patologia che lui chiama “cecità alle piante”.
In poche e brevi parole questo significa che nel nostro quotidiano noi non ci accorgiamo del verde che abbiamo attorno.
Sia esso in vaso, rinchiuso dentro aiuole o lasciato libero a fare bella mostra di sé.
Il Professore Mancuso sostiene che questa noncuranza attiene, probabilmente, ad un atteggiamento adattivo e lo spiega raccontando cosa fa, generalmente, il primo giorno del suo anno accademico quando si trova davanti la sua classe di giovani appassionati “in erba”.
Lui gli somministra circa cinque diapositive: nelle prime quattro assieme alla vegetazione si cela, in maniera più o meno evidente, un animale.
Sicché egli chiede alla classe cosa questi vedono in ciascuna di queste immagini e gli studenti, immancabilmente, riescono a scorgere l’animale.
Nell’ultima appare soltanto vegetazione e nient’altro.
Alla domanda su cosa loro scorgano nella figura la risposta è unanime: NULLA.
Mancuso rintraccia una spiegazione di tipo adattivo a questa specie di “cecità”, che secondo lui ha radici nella preistoria, al tempo in cui l’uomo era cacciatore raccoglitore.
Egli spiega che, difficilmente, il verde ha rappresentato una minaccia per l’uomo, ma ciò che si nasconde tra le piante può esserlo stato e può esserlo ancora: ne consegue che il nostro occhio è più abituato a scorgere il pericolo piuttosto che ammirare il verde nella sua “innocenza”.
Ma adesso torno a Pantelleria e alla sua capacità didattica in merito.
Chi conosce questa isola, chi l’ha vissuta o la vive, chi la percorre lungo i suoi sentieri (quelli che conducono al mare o alla cima di una montagna) per forza di cose si abitua a considerarne il verde, ad ammirarlo, a stupirsene.
Nessuna, o pochissime minacce si annidano, nella natura di questa isola.
Pertanto non resta che ammirarne la sua presenza, imponente anche in assenza di acqua, caparbia anche sotto un sole cocente, radicata anche se percossa da venti violenti.
Le piante di Pantelleria ti ridanno la “vista” perduta, ti riconnettono con quella natura che non è arredo da salotto o da giardino, ma è l’ennesima prova della indomabile essenza di questa isola e del suo VERDE VALORE.