Da quando sono a Pantelleria capita che la mattina mi svegli e per buona parte di questa io resti in una specie di torpore che si avvicina molto alla meraviglia che ti producono certi sogni piacevoli.
Mi capitava a Chicago, dove ho vissuto per un periodo lungo, ma non era la mia città natale.
Mi svegliavo al mattino ma spesso permaneva questa sensazione a metà tra la meraviglia e uno strano sopore.
È una sensazione difficile da descrivere.
Credo mi accada in luoghi estranei al mio quotidiano ma nei quali ho vissuto per un lungo periodo.
Benché qui a Pantelleria io lavori, giri per le contrade, incontri e parli con gente è come se l’attorno, dall’intensità dei colori e degli odori, alla quieta che avvolge l’isola, alla veste leggera che indosso, mi regalassero questa sensazione di essere ancora in una specie di magico dormiveglia.
Durante i miei viaggi brevi non mi è mai capitato, probabilmente perché che in quei casi i miei sensi erano allerta ancora prima del risveglio, nel tentativo “disperato” di carpire TUTTO e in un tempo breve.
La permanenza, in un luogo che non è “casa” mia, ma lo diventa per un periodo sufficientemente lungo, invece mi produce questa impressione di sbalordimento per la quale attraverso metà delle mie mattinate a osservare l’intorno, come mi trovassi in uno dei quadri dentro i quali Mary Poppins si tuffa con i suoi piccoli amici.
Credo che questo mi accada quando vivo lunghi periodi in un luogo di cui mi innamoro.
Probabilmente la mia mente continua a sorprendersi, attimo dopo attimo, di ciò che la circonda senza mai assuefarsi.
Pantelleria così diventa (o resta), un giorno dietro l’altro, un sogno ad occhi aperti.
Foto di Giovanni Matta