Il mio lavoro è fatto di tanti piccoli eventi.
Ve ne sono degni di menzione e altri da dimenticare per sempre.
L’altro giorno mi sono imbattuta in una storia piccola piccola ma che alla fine mi ha generato una strana commozione.
Sarà che sto invecchiando oppure è Pantelleria che addolcisce il mio cuore.
La storia riguarda l’arrivo di due giovanissimi ospiti che ho avuto il piacere di accogliere in uno dei nostri dammusi (il Dammuso Tramonto) che all’interno del suo giardino contiene un albero di fichi.
Dopo un breve giro all’esterno per illustrarne i “luoghi” mi sono ritrovata, per caso, accanto all’albero di fichi al quale, ho detto loro, che avrebbero potuto attingere serenamente.
Non fosse che appena dato uno sguardo mi sono resa conto che la maggior parte dei fichi era già quasi secca, benché i frutti fossero ancora attaccati alla pianta.
Ho chiesto loro, in maniera quasi retorica, se avessero mai mangiato questo frutto (fiore) apparentemente avvizzito e entrambi, quasi increduli del fatto che fosse possibile anche solo prendere in considerazione l’idea, hanno scosso la testa mimando un NO convinto e al limite dell’intransigenza.
Così ne ho raccolto uno dei migliori e l’ho porto alla ragazza (che dei due mi sembrava la più possibilista).
L’ho incitata: “Prova su, dai anche un piccolo morso. Noi li mangiamo accompagnandoli alla frutta secca per smorzarne l’estrema dolcezza”.
Ha preso coraggio e dopo un morsetto dubbioso il fico è stato mangiato in un sol boccone, peduncolo compreso.
Allora ho spiegato loro che qualora avessero voluto potevano raccoglierli e metterli al sole perché seccassero ancora, così da portarli con loro al rientro.
Trascorsa la loro settimana di permanenza sull’isola, com’è nostro solito, sono passata a dargli un saluto prima della partenza.
E con mia enorme sorpresa ho scorto sul muretto stesi, in fila perfetta, una decina di fichi.
Mi sono emozionata e ho chiesto loro se pertanto la “novità” gli fosse davvero piaciuta.
“Questi li portiamo su con noi- mi hanno risposto- ma sappi anche che durante tutta la nostra settimana ne abbiamo sempre raccolti quattro o cinque da portare con noi al mare. Sono sempre stati il nostro dessert di fine giornata”.
Al colmo di una mia inspiegabile gratitudine, non nascondo, che avrei voluto abbracciarli entrambi, ringraziarli, dare loro benevole pacche sulle spalle e garantire loro una spedizione annua, vita natural durante, di fichi secchi.
Mi sono limitata: ho regalato loro il mio migliore sorriso e me ne sono andata tutta gongolante.
Ancora oggi mi domando che cosa mi abbia “vinto”, perché questa minuscola storia abbia lasciato in me una specie di fiera gratitudine.
Forse perché coltivo ancora il bene di illanguidirmi davanti la freschezza di certa gioventù.