Suonare la chitarra.
Se sei destrorso con i polpastrelli della mano sinistra pigi su corde e tasti.
Le dita devono agire una pressione “esatta”, quella che richiede la nota e il tuo orecchio.
Se sbagli viene fuori un suono sgraziato.
La destra pizzica le corde, una ad una.
Le fa vibrare quel tanto che basta a far sì che il lavoro, quello duro e sporco fatto dalla sinistra, risulti un “unicum” e le fa suonare al ritmo di un metronomo mentale.
Potrebbe essere una metafora illustrativa di ciò che le nostre mani dovrebbero fare, con uguale intensità e precisione, quando si avvicinano nel tentativo di toccare un’anima.
Se non avessi conosciuto Pantelleria, dove certi suoni escono perfetti in modo naturale, non avrei pensato a questo strano accostamento che mi ha accompagnata oggi durante una lunga camminata nella mia città, Palermo.
Luogo nel quale “la mano destra non ha mai saputo cosa facesse la sinistra”.
Città di disordine e vociare sgraziato, senza alcun suono che si accompagni ad un altro in modo armonico.
Io il mio metronomo oggi lo avevo in testa, scandiva passi e pensieri.
Mentre guardavo pezzi di mare interrotti da barriere di lamiera a nascondere la vista di quel blu che riflette sempre un pezzetto di noi stessi e del nostro stato d’animo.
Ho provato a pizzicare le corde cercando nei visi della gente un “suono”, fosse anche distorto, ma che rappresentasse il pop o il rock di una città spinta oltre ogni suo limite.
Ho battuto Palermo per dieci chilometri e la mia anima non risuonava.
Con impegno ho provato a pigiare su corde e tasti, pizzicare o percuotere per far vibrare un’anima.
Fosse anche la mia di anima.
Se è un nesso che state cercando è tutto nel fatto che “se non avessi conosciuto Pantelleria” oggi non saprei riconoscere quel suono scandito con maestria e senza incertezze da una terra che sa fare del passaggio delle nuvole una colonna sonora.
Che sa infilare, una dietro l’altra, tutta la “musica” della natura.
Che nel suo “battere e levare” incide solchi su un disco che ogni giorno è diverso.
“Se non avessi conosciuto Pantelleria” oggi non avrei pensato al mio tenere la chitarra in grembo e al calore che può venire fuori quando ti senti parte integrante di un UNO.
Non avrei neanche potuto immaginare di scrivere queste righe sconclusionate che raccontano di musica, di anime che si sfiorano, di una città che sembra “sperduta” e di un’isola come Pantelleria, che se non l’avessi conosciuta, avrei persino dimenticato come possano riuscire a sfiorarsi due anime.