Più piccoli sono i centri abitati, siano essi montani o marittimi, più lente sono le persone addette ai servizi al commercio.
Il parallelo è comprovato e Pantelleria non sfugge alla definizione.
Uno tra gli esempi: se vai al supermercato per comprare dei salumi la prima cosa che ti tocca fare e scovare l’addetto al bancone che solitamente è abilmente nascosto nel retrobottega o dietro qualche scaffalatura a impilare prodotti da esporre; una volta rintracciato egli si muoverà con estrema lentezza fino a raggiungere la sua postazione di lavoro e, alla richiesta di aver serviti ben cento grammi di prosciutto costui lo affetterà con la dovizia di un fine cesellatore.
Il picco di lentezza si raggiunge in negozi come le ferramenta, quelli per l’acquisto di materiale edilizio o idraulico e nelle mercerie o negozi di tessuti.
Entrati in uno di questi posti si avverte immediatamente una distorsione del tempo e dello spazio.
Ne uscirete, ma non si sa bene né come né quando.
Come foste stati risucchiati da un buco nero per essere “sputati” dall’altro lato dell’imbuto in una diversa dimensione temporale.
Io esagero, lo so.
Non è nemmeno letteratura.
Ironia e un certo occhio per stranezze rispetto alle quali non mi do pace.
A Pantelleria a tutto questo si aggiunge un altro arcano.
Il tempo sull’isola è dilatato per definizione.
Perché è luogo di vacanze e relax.
Pertanto la lentezza (per chi non è costretto da orari e scadenze) è anche un “modus vivendi”.
In tutto.
O quasi.
Il quasi si riferisce prevalentemente alla guida dei panteschi (che contagia spesso il turista, ma che, soprattutto, trasforma me in Hamilton al terzo giorno di permanenza sull’isola).
Sarà che le strade sono generalmente sgombre, sarà che sono articolate e vorticose, sarà quello che sarà ma i panteschi corrono che CORRONO.
Non serve che il “circuito” sia stretto, sinuoso e pieno di “acchianate e scinnute” (n.d.r. salite e discese) fatto sta che il pantesco corre.
E se trova un’automobile davanti a sé che viaggia ad una velocità leggermente inferiore alla sua scalpita in tutta evidenza fin tanto che chi gli sta davanti, alla prima piazzola, accosta per farlo passare.
Ora, la domanda sorge impellente e spontanea: ma se su questa isola siamo tutti un po’ rallentati perché saliti in macchina (o su qualsiasi altro veicolo a motore) veniamo investiti dal sacro fuoco della FORMULA UNO, DUE e TRE messe tutte insieme?
Lascio la domanda in sospeso, perché io non ne ho mai capito la ragione.
Chiedo a voi, se sapete più di me, quale potrebbe essere il motivo.
La foto nasce da un tentativo, di dubbia riuscita, di utilizzare l’AI.
La trovo brutta ma mi fa ridere.