A settembre il mare è caldo.
Pantelleria esercita il suo diritto inalienabile del suo essere viva, vegeta ma con una minore presenza di ospiti.
Festeggia ogni giorno l’attesa di un Equinozio, che si spartisce in eguale misura, per l’appunto, tra l’aggettivo Equo e il sostantivo Ozio.
Esprime il suo verdeggiare “pallido e assorto” al di là di muretti a secco che nascondono un piccolo orto.
Saluta l’estate con estrema lentezza, con quel fare calmo e rilassato dei suoi abitanti.
La saluta da lontano, con garbo e con quell’ emancipato distacco di chi sa che l’anno successivo ci si incontrerà di nuovo.
Nessun abbraccio o stretta di mano, un gentile e ossequioso inchino e Pantelleria osserva l’indolente incedere dell’ennesima estate che lascia l’isola.
Di foga arriva il vento, Maestrale e Tramontana litigano, abbracciano l’isola, l’avvolgono si ricongiungono e fanno la pace tra i capelli arruffati dei panteschi.
Pantelleria che gioca sempre a fare la preziosa non ti dirà mai se al mattino potrai solcare l’uscio in pantaloncini e canotta o se una nebbia, fitta e improvvisa, ti avrà separato dagli alberi, dal muretto a secco più prossimo o dal dammuso del vicino.
A settembre quest’isola si diverte a fare l’indecisa: tra meraviglia e stupore gioca con brezza, nuvole, uccelli migratori, che riposano lungo gli argini di un lago dalla penetrante iride celeste.
Dal Nord si vola verso l’isola con poco danaro e con il vento in coda
Venire a Pantelleria a settembre è incontrare questo mondo mentre lentamente si trasforma, cambia colore, si arrotola nella bambagia e spumeggia sul nero di una costa ancora irradiata dal sole caldo.
Andare via da Pantelleria a settembre?
È il distacco più nostalgico che io conosca, deve essere fatto in slow motion, un allontanarsi lento che lasci il tempo per salutare, uno ad uno, tutti i viottoli calpestati, i ramoscelli di origano annusati e i gatti, principi eleganti e diffidenti, padroni di questo lembo di terra.
Foto di Claudia Picciotto