C’è cattivo tempo a Pantelleria.
Vento e pioggia.
I turisti non si lasciano scoraggiare camminano per sentieri, scelgono le vie più riparate, approfittano del lago, della sauna o delle acque calde di Gadir.
Chi vive e lavora qui “abita” questo tempo come uno strano limbo, sospesi tra un inverno che sembra essere passato e una estate che tarda ad arrivare.
È un buon momento per stare a casa e lavorare.
Per me è un buon momento per andare a guardare in giro, lì dove nelle giornate di sole l’occhio non si sofferma.
Camminare per trazzere e decidere di perdersi, fare attenzione al terreno franoso e per questo avere il tempo di soffermarsi con un’attenzione al particolare.
La pioggia a Pantelleria è una rarità, si festeggia per le cisterne che si riempiono, per i campi che hanno sofferto l’arsura.
I lavoratori non si fermano comunque: che si costruisca, che si raccolga o che si pianti.
Il maggio è maggio, anche se c’è freschetto e pioggia.
Anche se il maestrale ti gira e rigira i capelli mentre il sole testardo, a tratti, fa capolino ma le nuvole certe nuvole grigie e basse talvolta hanno la meglio.
È languida Pantelleria col cielo grigio, è come se fosse il preludio o il riscatto per un inverno fatto di freddo e umidità, è il tempo dell’attesa perché tutti si esca dalle case, lenti e sonnacchiosi come lumache.
I gabbiani si rifugiano all’interno dell’isola, cercano “casa” nelle valli protette e si cimentano in gare con gli altri uccelli, li vedi levarsi veloci dal campo appena arato, dai vigneti tirati a lucido per la prossima stagione.
E niente più di questo ti fa pensare che ti trovi davvero a metà tra cielo e terra.
Divina e insolente Pantelleria non si accontenta, così al cielo e la terra aggiunge il mare.
Foto di Giovanni Matta