Vino Passito di Pantelleria: la storia
Pantelleria e il suo Passito, sono ormai la narrazione e la sintesi completa di un’isola che ha lasciato la sua impronta nel mondo del turismo e in chi si avventura soprattutto, con gioia e passione estrema, nel turismo enologico.
E su questa isola sembra che tutto sia proprio Bacco, trabajo e lo specchio di Venere.
(Giusto per cominciare tra il serio e il faceto).
E per continuare in tema di puerile goliardia decido di osare di più.
Ricordate la barzelletta del checkpoint con le due banane di guardia?
Altrimenti ve la racconto io:
Le banane sono lì attente a far passare solo chi ha le carte in regola, quando d’un tratto arrivano un grappolo di uva ed un fico ed, inaspettatamente, BANG! Il fico viene fatto fuori.
È a quel punto che la banana, senza alcun pentimento nella voce asserisce: “Toh, uva passa e FICO SECCO!”.
Questa barzelletta potrebbero averla inventata a Pantelleria, ma perché?
Perché è su questa isola che l’uva “passa”, dopo lunga essiccazione, da acino a Passito e il fico, che fiorisce abbondante su piccoli alberi dalle radici resistenti, viene anch’esso a lungo conservato e sarà poi arricchito da sottili ramoscelli di finocchietto selvatico o piccole gocce di cioccolata.
Nel 200 a.C., il generale Cartaginese Magone parlava già di un vino la cui descrizione era per molto somigliante al Vino Passito che nei secoli ha mostrato tutto il suo valore e la sua pienezza.
Ambrato, pastoso e morbido, il Passito, che si fregia da anni di essere una DOC, è l’umore degli acini dello Zibibbo – varietà giunta sull’isola per mano dei fenici – e il cui acino si presta ad una sovra maturazione che lo trasformerà’ in uno tra i più noti vini da “meditazione”.
Zibibbo e Moscato sono figli di una stessa madre, ma il primo è’ frutto di un parto a termine mentre il secondo è figlio di un “parto podalico” con difficoltà’ durante la gestazione. Infatti, sebbene entrambi subiscano il medesimo trattamento, il secondo vien fuori da un’uva che non si è essiccata in maniera corretta o ha subito il capriccio del freddo o della rugiada.
La vendemmia su quest’isola comincia in agosto. Uomini e donne, che durante la stagione estiva si sono dedicati al cappero e alla ricezione turistica, si riversano tutti nei vigneti a raccogliere l’uva che, a seconda dei vigneti, diventerà vino.
Gli ultimi ad essere raccolti saranno gli acini dello zibibbo (dall’arabo zabib, uvetta) che nel frattempo, data le scarse piogge di un territorio dal clima africano, hanno faticosamente raccolto il loro succo grazie ad un terreno poroso che ha assorbito l’umidità notturna trasformandola in una rugiada che ha arricchito ogni chicco.
La coltivazione delle viti ad alberello (patrimonio immateriale dell’UNESCO dal 2014), protetta dai muretti a secco, nel frattempo ha mantenuto i grappoli succosi che tratti, uno ad uno, verranno riposti su dei graticci volti a sud e tenuti lì per circa sei settimane, sicché lo zucchero possa far salire la gradazione alcolica del frutto. Un buon zibibbo deve, infatti, mantenere la sua gradazione alcolica intorno ai 14 gradi.
Il Passito di Pantelleria in cucina: abbinamenti e consigli di conservazione
Definire il vino Passito un vino da pasto è un po’ troppo, lo si “pasteggia” più’ volentieri. Resta, comunque, un ottimo compagno di alcuni formaggi o un esaltatore di sapidità di molluschi e crostacei.
Trionfa con alcuni biscotti secchi, ma anche con i dolci tipici dell’isola a base di mandorle, pistacchi o ricotta.
Il suo più affiatato compagno è il Bacio Pantesco.
Dove gustare il Passito di Pantelleria: le cantine pantesche
Ma perché ciascuno di voi possa trovare il suo Passito, non è al nome delle numerose cantine pantesche che faremo appello, poiché ciascuna ha il suo tratto peculiare e la bellezza sta nello scoprire territorio e vino.
Allora, l’invito che rivolgiamo a coloro i quali sono appassionati di questo “ambrato nettare” è di approdare sull’isola, soggiornare in uno dei nostri dammusi e imboccare la ragnatela di strade che vi porteranno a Bonsulton, Bukkuram, Scauri Nika’, Scirafi e Martingana.
Sarà così che prima di tutto poggerete lo sguardo sulle terrazze del vino, tra Cuddie che splendono alla luce del sole o che all’imbrunire affogano nel rosato dei tramonti panteschi e solo dopo avere assaggiato tutti i colori e gli odori, che questa isola promette e mantiene, potrete bussare a ciascuna delle cantine che sceglierete.
Ad aprirvi le porte sarà gente che sa raccogliere frutti e donarli, con un benvenuto, a tutti coloro che avranno il piacere di soffermarsi e gustare il celebre Passito di Pantelleria.
Foto di Giovanni Matta