Vivere Pantelleria: dalla trazzera al Dammuso Magara

Vivere Pantelleria: dalla trazzera al Dammuso Magara

La trazzera scende tra vigne e cappereti e una radura verde accompagna il mio sguardo alla sinistra, ma non posso né devo staccare gli occhi dal mare che luccica a distanza.
Sembra che la strada mi conduca fino alla superficie del blu.
Quando la percorro penso sempre che mi piacerebbe avere un idrovolante e planare sopra l’acqua.
Dopo la trazzera entro in una strada fatta di ciottoli neri che tamburellano al mio passaggio e infine arrivo al mio dammuso.

Dammuso Magara si chiama, “Magari” fosse mio davvero.
Prima di attraversare l’arco in pietra c’è una rosa che mi attende, somiglia a quella del Piccolo Principe.
Sta lì ad aspettare che a sera la innaffi.

Apro la porta a vetri della casa e il fresco mi accoglie e mi saluta.
Non è una casa, è un rifugio.
Una specie di “cassetto” abitabile dove anziché riporre le cose da dimenticare bisognerebbe mettervi dentro tutto quello che bisognerebbe ricordare.
Levo gli indumenti ad uno ad uno lasciandoli dietro di me e raggiungo il frigo per bere un sorso di acqua fresca.
Poi ritorno fuori che sono nudo e camminando a piedi nudi sulla pietra calda arrivo alla doccia che è una nicchia di roccia lavica.
Mi ripara da tutto, anche dalla mia nudità un po’ vecchia e trasandata.
Non fosse che lo scorrere dell’acqua mi restituisce giovinezza, così alla fine accarezzo la mia pelle dentro il telo morbido.
Accendo una sigaretta e mi siedo all’ombra.
Stanco di tanta bellezza.

 
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